L'Italia del Seicento by Roberto Gervaso Indro Montanelli

L'Italia del Seicento by Roberto Gervaso Indro Montanelli

autore:Roberto Gervaso Indro Montanelli [Indro Montanelli, Roberto Gervaso]
La lingua: ita
Format: mobi, azw3
editore: BUR
pubblicato: 1997-07-14T22:00:00+00:00


CAPITOLO DICIANNOVESIMO

GALILEO

Il Cinquecento, lo abbiamo già detto, era stato più il secolo degli artisti e dei letterati che degli scienziati, specialmente in Italia. Ma fu proprio in questo periodo che fra le mani di Leone X, il grande Medici, capitò un libriccino intitolato Piccolo commentario che preannunciava una delle più grandi scoperte scientifiche di tutti i tempi, e forse la più grande di tutte: la scoperta cioè che il centro dell’Universo non era la Terra, ma il Sole.

Non si trattava di una novità assoluta. Già nell’antichità alcuni astronomi greci come Filolao e Aristarco di Samo avevano avanzato ipotesi analoghe. Ma non si trattava appunto che d’ipotesi senz’appoggio di dati che le convalidassero. Esse non avevano resistito alle confutazioni di Tolomeo d’Alessandria, che nel secondo secolo dopo Cristo aveva formulato la cosiddetta teoria «geocentrica» che restituiva alla Terra la sua posizione di fulcro dell’Universo come dice la Bibbia: teoria che, appunto dal nome del suo autore, si chiamò «tolemaica». E per più d’un millennio nessuno l’aveva più rimessa in discussione.

Solo nel Quattrocento qualcuno ricominciò ad avanzare dei dubbi. Nicola da Cusa disse che, secondo lui, la Terra non stava ferma, ma si muoveva insieme a tutti gli altri astri del firmamento. E il solito Leonardo, che con le sue intuizioni anticipava sempre le scoperte degli altri, aggiunse che a star fermo era il Sole, mentre la Terra non era il centro di nessun sistema.

Tutto questo però era detto come lo dicevano i Greci, cioè sempre come ipotesi basate più su impressioni che su osservazioni ed esperimenti. Mentre il Commentario adduceva a sostegno della teoria «eliocentrica», cioè quella che fa del Sole il centro dell’Universo, calcoli, dati, rilievi, insomma un vero e proprio corredo scientifico.

Il suo autore, Nicola Copernico, era un polacco che aveva fatto studi seri a Bologna sotto la guida d’un maestro italiano, Domenico da Novara. Pur senza sostenere la dottrina eliocentrica, costui criticava quella geocentrica trovandola del tutto insoddisfacente. Copernico aveva fatto tesoro di quegli insegnamenti e li aveva approfonditi per suo conto anche dopo esser tornato nei Paesi suoi a fare il prete. Quel problema lo turbava profondamente perché capiva quanto l’eliocentrismo fosse incompatibile con le Sacre Scritture. E infatti quando Lutero e Calvino videro il suo Commentario, reagirono con furore tacciandolo di «follia» e di «empio attentato contro il Verbo di Dio».

Papa Leone invece vi si era vivamente interessato perché a lui delle Sacre Scritture importava poco. L’incredulità lo rendeva molto più tollerante dei due capi della Riforma. E forse, se non si fosse trovato coinvolto nel turbine dello scisma, avrebbe fornito aiuti e incoraggiamenti a Copernico che ne aveva urgente bisogno. Era rimasto infatti amareggiato dagli anatemi protestanti, aveva deciso di abbandonare gli studi, e solo le insistenze di un suo amico matematico glieli fecero riprendere. Così compose il Primo libro delle rivoluzioni, che vide la luce proprio lo stesso giorno (24 maggio 1543) in cui l’autore entrava nel buio della morte. Ebbe appena il tempo di palparne la copertina, e chiuse gli occhi contento. Ne aveva di che.



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